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Il termine “tessuto a righe o a strisce” descrive qualsiasi tessuto, lavorato a maglia o stampato, in modo tale che sul tessuto appaiano bande di colori diversi a distanza uniforme o irregolare, in orizzontale, in verticale o diagonale.
Il tessuto a righe è, di solito, creato dall’incrocio tra i fili di ordito (senso della lunghezza) e i fili di trama (senso dell’altezza). Nei telai, i rocchetti di filo vengono dipanati su un grande cilindro (il subbio) per montare i fili di ordito rispettando la tensione e il loro essere paralleli: l’orditura.
Il telaio introduce il filo di trama tra i fili di ordito, a seconda dell’armatura scelta per il tessuto (ossia il modo in cui i fili si intrecciano); quest’ultimo viene prodotto a mano a mano che il filo di trama percorre i fili di ordito, in un senso e poi nell’altro.
Tessuti a righe - Tessitura Ratti
Le prime testimonianze di utilizzo diffuso dei tessuti a strisce risalgono al Medioevo, nel XIV secolo: come ha sottolineato lo storico francese Michel Pastoureau nella sua opera “La stoffa del diavolo. Una storia delle righe e dei tessuti rigati” (1993), nel Medioevo europeo il tessuto a righe ha assunto una forte connotazione di deviazione e abiezione.
Servi e giullari di corte indossavano abiti a strisce audaci, larghe e contrastanti nei colori quasi che i loro abiti sembravano rappresentare l’ambivalenza e l’ambiguità: un regno di confini poco chiari e violati.
Il giullare infatti faceva la parte del soggetto controcorrente, la sua parola era quella del pazzo, dell’anormale: un rovesciamento del senso comune.
L’abito del giullare doveva perciò essere multiforme e colorato, tale da essere ben riconosciuto dalla folla.
La policromia dell’abito e l’utilizzo delle bande verticali alternate sono spesso considerate un simbolo diabolico, una manifestazione di disordine, esternazione della follia e della anormalità di questo strano personaggio, che impersona quindi una delle tante forme del “folle” nella cultura europea,
Giullari - "Il funerale del Diavolo" (particolare), Duomo di Verona
Questa connotazione estremamente negativa del tessuto rigato portò ad imporre tute o divise combinate di tuniche e pantaloni a strisce larghe, in orizzontale o verticale a boia, lebbrosi e prigionieri con un chiaro intento discriminatorio. Ed è proprio recuperando questo significato che il regime nazista sceglierà la divisa per i detenuti dei campi di concentramento.
Una tuta leggera e sciolta tipo pigiama, di tessuto a righe vivaci, con un ampio colletto e polsini, è l'abito iconico del clown, una figura il cui umorismo deriva dalla sua licenza di trasgredire i confini della società ordinata.
Divisa originale da deportato nel campo di concentramento di Mauthausen - Abiti da pagliaccio
Il tessuto a righe, dai colori sgargianti, lo troviamo anche in veste ludica: durante i tornei tra cavalieri, festoni e stendardi di strisce colorate potevano essere utilizzati per mostrare i colori dei cavalieri nel combattimento simulato del torneo.
L’uso araldico del tessuto a righe sopravvive oggi nella pratica di appendere le medaglie per onorificenze civili o militari con un nastro di gros grain a strisce verticali.
Dipinto raffigurante un combattimento ludico tra cavalieri - Tipico nastro in gros grain per medaglie
Nel Rinascimento italiano l’uso negativo delle righe come simbolo di devianza sociale venne attenuato e le strisce acquisirono una connotazione di audacia e coraggio, una volontà di testare i confini della tolleranza sociale.
I giovani uomini indossavano calzamaglie e bluse a righe per darsi un’aria spavalda e distinguersi dagli anziani, vestiti più sobriamente.
Abbigliamento tipico del Rinascimento italiano
Durante la Rivoluzione Francese, il nastro con il motivo tricolore, rosso, bianco e blu venne largamente impiegato in fasce da indossare e in decorazioni sui cappelli.
Il look audace, introdotto nel Rinascimento italiano, fu rivisitato dai patrioti francesi, noti con il nome di sanculotti che indossavano pantaloni tricolori a righe sottili come segno di non voler sottostare alle regole sociali dell’epoca.
Abbigliamento Sans Culottes, Francia
L’associazione delle righe con lo stile nautico si afferma invece nella seconda metà dell’ottocento, principalmente in Francia e in Russia.
Già a inizio ‘800 in Francia i marinai francesi avevano iniziato a utilizzare una maglia in cotone a maniche lunghe, a righe orizzontali bianche e blu, chiamata “marinière”, per distinguersi dalle altre nazioni marinare. Questo è confermato da delle litografie del 1810 in cui si notano dei pescatori di Boulogne, sulla Manica, e della Bretagna indossare questo caratteristico capo di vestiario.
Tale maglia venne chiamata anche camicia bretone, perchè molti marinai della marina francese del nord erano appunto della Bretagna.
ll disegno delle strisce presenti sulla maglia era legato a motivi di visibilità. Al buio, nelle nebbie tipiche dell’Atlantico un marinaio con una camicia a righe era chiaramente più visibile di uno con la camicia a tinta unita. Si dice che fosse anche per identificare meglio i malaugurati che cadevano nelle fredde acque.
La “tricot rayé bleu indigo et blanc”, più nota come la marinière, venne introdotta nella lista ufficiale delle tenute da marinaio della Marine nationale francese con un decreto ufficiale del 27 marzo 1858: i marinai della marina militare ricevettero un uniforme con 21 strisce orizzontali (una per ciascuna delle vittorie di Napoleone) che prese il nome di 'matelot' o 'marinière’.
In Russia pochi anni dopo, fu decisiva, in questo senso, la decisione dello zar Alessandro II nel 1874 di eleggere la maglia à rayeurs a divisa d’ordinanza della marina.
La telnyashka, così fu chiamata questa maglia dalla parola “telo” (corpo) essendo di fatto l’indumento più vicino al corpo, era tessuta per il 50% in cotone e il 50% lana e aveva larghe strisce blu (circa 11 cm di larghezza e strisce bianche di 44,45 cm di larghezza), colori che richiamavano la bandiera di Sant’Andrea, il principale vessillo navale russo fin dai tempi di Pietro il Grande.
Nel 1912, la telnyashka della marina russa acquisì il suo disegno attuale a strisce blu e bianche di identica larghezza, ovvero 11,11 centimetri.
Marinai russi di fine '800 - Marinai russi della flotta del Mar Nero sfilano a Sebastopoli
Durante l’epoca vittoriana, a cavallo tra ‘800 e ‘900 l’associazione tra righe e vita marinara si rafforza anche negli abiti civili, in particolare nei primi costumi da bagno o nei lunghi abiti estivi di tessuto a righe bianche e nero o bianche e blu.
L’abbigliamento a righe acquisì connotazioni sportive e di svago: i maglioni di lana lavorati a strisce orizzontali bianche e blu divennero la dotazione standard dei marinai, dai gondolieri veneziani ai membri dell'equipaggio di yacht privati.
Abbigliamento da mare in epoca vittoriana - Gondoliere di fine '800
Dobbiamo poi attendere gli anni ‘20 per trovare nuovamente le righe protagoniste. Il libro Icons of Fashion di Greda Buxbaum racconta che all’inizio del decennio le strisce apparvero nell’abbigliamento femminile. Al termine della prima Guerra Mondiale la donna aveva acquisito una nuova coscienza di sé, ed era decisa a dimostrare al mondo le sue nuove conquiste: la donna degli anni Venti lavora in ufficio, pratica sport, guida la macchina, vuole raggiungere la parità con l’uomo.
Coco Chanel è la prima stilista a cogliere queste trasformazioni e ad imprimerle nei suoi capi e nel suo stile (come il taglio corto alla garconne).
Coco Chanel, anni '20 - Audrey Tautou interpreta Coco Chanel in "Coco Avant Chanel - L'amore prima del mito"
Il proibizionismo degli anni successivi diede poi vita a tutti i tipi di attività sottobanco e l’abito scuro con sottili righe bianche, il gessato, divenne l’uniforme di uomini pericolosi e gangster, come Al Capone (che amava sfoggiare anche vestaglie a righe ampie verticali).
Al Capone in completo gessato - Al Capone in vestaglia righe
A metà degli anni ‘40 l’uniforme da gangster ebbe un’evoluzione verso il famigerato “zoot suit”: pantaloni cascanti e dai fianchi bassi e un lungo cappotto che si allarga sui fianchi.
Nata nei club di Harlem, questa uniforme si diffuse rapidamente tra i giovani dell’epoca come dichiarazione politica e segno di ribellione.
I disordini scoppiarono nel 1943 con soldati e marinai statunitensi che cercavano gruppi di uomini afroamericani, latinoamericani e italoamericani che indossavano le tute gessate oversize perché le consideravano "antipatriottiche" in un periodo in cui gran parte dell'America stava razionando il tessuto.
Il completo zoot suit divenne popolare tra le minoranze e le sub culture
La geometricità e rigorosità degli abiti a strisce venne stravolta negli anni ‘60 con gli “swinging sixties” che portarono alla ribalta un look più eccentrico dove le righe venivano trasformate per creare illusioni ottiche ed effetti optical.
Coloro che indossavano questi stili erano parte della controcultura dell'epoca che rompeva le vecchie tradizioni.
Moda anni '60: abiti a righe e optical
La ricerca di effetti sempre nuovi attraverso le righe venne portata alla ribalta anche negli anni successivi da stilisti come Missoni, Dior e Mary Quant e le righe, riproposte in vari formati e colori, divennero il simbolo di diverse sottoculture per le rispettive cause, tra cui hippie, punk e grunge anti-establishment.
Moda anni '60, completo bianco e nero - Modelli di Christian Dior
David Bowie in giacca a righe - Look hippie anni '70
Mary Quant - Missoni
Oggi le strisce sono dappertutto quando si tratta di abbigliamento ma l’uso principale di questa stoffa è maschile e sfugge all’attenzione immediata: il tessuto a righe è usato principalmente per l’abbigliamento da ufficio. Abiti gessati, cravatte e camicie hanno righe verticali nella speranza, in parte, che le strisce verticali producano l’illusione di un corpo più snello e più alto.
Alexander McQueen SS 2020 - Giorgio Armani SS 2020 - Asos - Lacoste - Mango
Fortunatamente la moda femminile non le dimentica mai e ricorre ogni anno a nuove proposte a righe per rallegrare i look della primavera-estate.
Michael Kors 2015 - Ralph Lauren 2016 - Reinaldo Lourenco 2017 - Stella McCartney 2020 - Chloe 2021
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